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Giovane senzatetto lasciata al gelo: «Non hanno posto per le donne»

La lotteria per dormire al caldo nella Casetta Borgomagno
La storia di Michela, 29 anni: non ho nessuno, sono disperata






PADOVA - Il freddo è pungente. Davanti al cancello ancora sbarrato della Casetta Borgomagno di Padova, vicino alla stazione, centro di smistamento organizzato dal Comune a chi cerca un riparo per la notte, i primi senza tetto si mettono in fila fin dalle 19. Il cancello aprirà alle 20 anche se, una decina di minuti prima, i volontari fanno entrare Galai Mabrouk, un tunisino di 43 anni in Italia da 20 affetto da diabete e dall'asma che si riacutizza con l'aria gelida.

Nel centro ci sono docce e un salone con le panche dove sedersi, prendere un bicchiere di tè caldo e qualche biscotto secco. Il tutto in attesa della "lotteria" per dormire al caldo in un letto. I volontari registrano infatti chi arriva a due persone alla volta. Dopo poco più di un'ora si saprà quanti dormiranno al riparo e quanti riceveranno coperte da stendere sotto un portico per passare la notte. Le docce invece restano inattive, nella casetta non è stato acceso il termosifone perché il Comune non ha avvisato l'Aps deputata a regolare la caldaia.

I posti venerdì notte erano 16, ma si sono presentati in 18 - come spiegava il responsabile del servizio Armando Filippin - dislocati dai padri Dehoniani: «Nelle prossime settimane si aggiungeranno altre parrocchie che si sono offerte per l'ospitalità e forse ci saranno 6 posti all'asilo notturno. Per le donne invece non sono previsti posti». Due le donne che hanno chiesto ospitalità senza ottenerla e hanno dovuto ritornare in strada a cercare di combattere il freddo con le coperte in qualche angolo della città. «C'è bisogno di posti per persone di bassissima soglia come ex alcolisti, tossici, ex carcerati o clandestini - continua Filippin - ma per loro non ci sono». Il responsabile cerca di calmare gli animi che ad un certo punto si surriscaldano, uno esce dalla fila e tenta l'assalto alle coperte. Viene fermato. Per tutti, rassicurazioni: «Riapriamo domenica, intanto vi mettiamo in lista, forse per mercoledì ci saranno più posti, aumenteranno di sicuro nelle prossime settimane».

Tra i tanti a chiedere un riparo per la notte c'è una ragazza alta e bionda che stringe a sé uno zainetto riempito di scritte come una qualunque studentessa. Michela Rossi ha 29 anni: alla notizia che per le donne non ci sono posti dà in escandescenze, poi si calma subito ma le lacrime le rigano il volto. Si siede su una panca, prende dallo zaino un quaderno e comincia a scrivere mormorando più volte: «io mi uccido».

«Ho 29 anni e sono di Mirano, ho perso la mamma e tre anni fa è morto anche papà. Non ho più nessuno al mondo tranne una zia a Torino che ho visto solo per il funerale di mio padre - racconta ingoiando le lacrime - Un tempo ero tossica ma ora sono pulita da tanto, sono stata in comunità, perché nessuno mi aiuta?». Michela dorme in un parchetto pubblico avvolta in stracci e coperte nelle vicinanze del Prato della Valle: «Io non so dove andare. Posti per le donne non ce ne sono, mi hanno detto che forse mercoledì si saprà qualcosa. I servizi sociali non mi aiutano perché ho ancora la residenza a Mirano ma io vivo a Padova, lì non ho più nessuno. Al dormitorio non mi vogliono e inoltre ci sono tossici e alcolisti, io invece sono pulita. Per mangiare vado da suor Lia alle cucine popolari ma sono sola».

Poi Michela svela il dramma che l'accompagna da anni: «Ho tentato il suicidio già due volte, la mia vita è stata un disastro, da piccola sono stata molestata in famiglia, che potevo fare io - si chiede - io sono disperata». Riaffiorano i singhiozzi, Michela prende dal suo zaino dei fazzoletti, uno zaino che racchiude tutta la sua vita in strada, certo, ma cercando di apparire ordinata e profumata come ogni ragazza della sua età anche se la sua giornata è molto diversa. «Mi sveglio nel parco dove dormo, raccolgo le mie coperte e le mie cose e mi avvio in stazione in cerca di un po' di calore - continua - Poi mi siedo, prendo uno dei miei quaderni e mi metto a scrivere. Mi piace moltissimo scrivere».

E il suo sembra di nuovo il diario di una studentessa, un quaderno pieno di appunti, di pensieri, sensazioni, speranze di un futuro diverso che sembra irreale tanto è lontano dalla realtà. Dalle pagine spuntano disegni, ma anche cuoricini contornati da frasi svolazzanti. «Io non voglio mettermi sulla strada per poter vivere e avere un letto - chiude - non l'ho mai fatto e non voglio farlo. Cerco solo qualcuno che mi aiuti ma le assistenti sociali mi dicono che non possono farlo. Stanotte tornerò a dormire nel parco avvolta nelle mie coperte, non posso fare altro se non sperare che mercoledì ci sia un posto anche per me». La ragazza rimette il suo quaderno nello zainetto dal quale spuntano indumenti ed altri effetti personali, si avvia mestamente al cancello e come gli altri scompare camminando a passo lento nella notte, sfiorata dalle auto di passaggio.


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